lunedì 8 luglio 2013

link ad "I have a dream per il Pd" su Stamptoscana

Mi ero dimenticato di creare il link a questo mio corsivo di un mese fa su Stamptoscana.
Lo faccio ora, perché anche se Enrico Rossi non sarà disponibile preferendo Cuperlo, magari qualche esponente del Pd in seno alla sua maggioranza di governo in Regione potrebbe essere più aperto al dialogo con Civati. E in ogni caso i presupposti di contenuto e programma descritti in questo mio pezzo restano intatti.

Lorenzo Sandiford

http://www.stamptoscana.it/articolo/leader/j-have-a-dream-per-il-pd-lalleanza-civati-rossi

sabato 27 aprile 2013

le alternative (ormai quasi solo teoriche) e la condizione sine qua non per restare iscritto

Premesso che non rinnoverò la tessera del Pd se saranno espulsi eventuali parlamentari dissidenti verso il governo Letta e che nella mia visione della politica sarebbero da espellere, semmai, al limite, coloro che fanno simili minacce. E premesso che questo non significa non accettare che sia prevalsa un'altra linea nel Pd, ma semplicemente non avallarla in parlamento per il bene della "Nazione"...
le alternative c'erano e ci sono (solo teoricamente) ancora:
a) la prima e migliore è un no a Letta e sì a un governo tecnico per fare una legge elettorale semipresidenziale, i provvedimenti economici imposti dal contesto economico internazionale, più le cose proposte dai saggi di Napolitano condivise da Pd e Pdl (se ce ne sono);
b) la seconda è sì a Letta se fa soltanto un governo di scopo con i primi due obiettivi del punto a.
In ogni caso, se ci saranno le espulsioni, bye bye. I violenti del pd-esercito che scambiano l'art. 67 della costituzione per un intermezzo poetico mi hanno già abbastanza divertito: facciano pure il loro partito di squadristi di centrosinistra, pardon ispirato a un principio di maggioranza così rigido da essere in contrasto con i valori costituzionali...
La "domanda anti-casta", dopo questo passaggio della storia repubblicana, si è ancora accresciuta. Non c'è però per adesso un'offerta politica in grado di interpretarla con intelligenza e responsabilità e capacità di governo, sostituendo gli apprendisti stregoni Grillo e Casaleggio. Ma la domanda c'è, eccome.
Se i membri del partito democratico la volessero comprendere e affrontare, il Pd potrebbe ancora diventare quel grande partito in cui speravamo quando fu fondato. Altrimenti continuino pure a lavorare per la loro ditta, ma gli interessi di un paio di lobby non possono coincidere con gli interessi di un intero Paese.

Lorenzo Sandiford

giovedì 25 aprile 2013

governo di larghe intese "politico"? de che!?

Ma poi, ripensandoci bene, come si fa a definire "politico" un governo di larghe intese fra il Pd e il Pdl? In che senso sarebbe "politico"?
Soltanto perché ci stanno dentro come ministri alcuni esponenti di partito. Non certamente perché sarà perseguita una qualche precisa politica, più politica e precisa della politica che avrebbe adottato un qualsiasi governo tecnico! Da questo punto di vista non c'è niente di più impolitico di un governo di larghe intese.
Ciò è bene chiarirlo. Altrimenti ci si prende per i fondelli.
Qualcuno dirà: ma così, con i politici al governo, non si prenderanno provvedimenti che fanno arrabbiare i cittadini come è successo con il governo Monti.
La mia risposta è la seguente.
Primo, bisogna vedere di quali cittadini si parla, perché di solito nelle democrazie normali i cittadini a cui fanno riferimento i contrapposti partiti di centrosinistra e centrodestra sono in gran parte diversi e hanno differenti esigenze (eccetto qualche piccola intersezione). Per cui è impossibile accontentarli allo stesso tempo tutti.
Secondo, in linea di principio anche al governo tecnico possono essere imposti certi vincoli, dato che esiste un parlamento che ha fra le sue funzioni quella di controllare l'operato del governo. Nel caso del governo Monti c'era un'emergenza e il forte potere contrattuale che gli derivava dall'essere considerato dalla comunità internazionale come l'unico baluardo a difesa dell'Italia in crisi. Se no, anche il suo governo tecnico avrebbe potuto (ma in parte lo è stato) essere ricondotto sulla buona strada del rispetto delle istanze degli elettori dei partiti in parlamento.
Alla luce di tutto ciò, quale sarebbe il valore aggiunto di un governo Letta di politici del Pd e del Pdl rispetto alla proposta della Bindi di fare un governo tecnico? Non sarebbe stato più corretto verso gli elettori del Pd, a cui si era promesso "niente inciuci", un esecutivo di scopo (di durata da valutare) guidato da figure di esperti meno direttamente legati ai partiti? Non sarebbe stato quest'ultimo altrettanto poco politico ma più onesto e forse efficiente?

Lorenzo Sandiford

se il Pd non rispetta le minoranze contrarie al governo Letta, straccio la tessera

Se verranno espulsi dal Pd i parlamentari che non daranno la fiducia a Letta dopo averlo dichiarato apertamente (tutt'altro comportamento rispetto a quello dei famigerati 101 franchi tiratori), straccerò immediatamente la tessera del Pd. Anzi eviterò di rinnovarla come invece prevedevo di fare a breve.
La disciplina di partito per me non può essere in contrasto con la logica dell'assenza di vincolo di mandato in Parlamento e deve al massimo dispiegarsi in un certo numero di votazioni contro le indicazioni del vertice di un partito (dopo tot votazioni diverse da quelle decise dal partito - diciamo sopra il 60% - nell'arco di un certo lasso temporale).
Tanto più in una situazione come questa, in cui c'è stato un comportamento più che criticabile o quanto meno schizofrenico dei vertici, che per settimane hanno detto no al governo di larghe intese (persino di scopo e per pochi mesi, soluzione da me ritenuta - come Quotidiano Nazionale e contrariamente a Repubblica - la più logica all'inizio, e che in seguito ho abbandonato sotto l'influenza e sulla fiducia in Bersani e anche in Repubblica) e poi sono usciti fuori con questo voltafaccia: un governo giustappunto di larghe intese (con mescolanza di politici del Pd e del Pdl invece che tecnici) e ben più lungo di quello di scopo di pochi mesi inizialmente ipotizzato.
Cari vertici del Pd, siete completamente fuori strada: le eventuali espulsioni di esponenti contrari al Governo Letta sono contrarie alla promessa fondante del Pd, e cioè di un partito plurale e aperto. E, se permettete, anche in eclatante contraddizione con la vostra apertura di governo. Come pensate di conciliare la grande apertura verso il Pdl nel governo con questo atteggiamento rigido e chiuso verso le minoranze del partito?
E vi assicuro non sono un tremendo sinistrorso, tant'è che alla famosa assemblea del Pd fiorentino in cui fu criticato D'Alimonte, sono stato uno di quei tre o quattro gatti (meno del 10% nonostante la non piccola presenza di renziani) che risposero al professore: sì, piuttosto che andare a elezioni subito, meglio un governo di scopo di qualche mese per cambiare la legge elettorale insieme al Pdl. Ecco, un governo di scopo è un'altra cosa, soprattutto dopo settimane di strategia opposta da parte di Bersani. La coerenza non è un optional in politica (che non significa che non si possa cambiare posizione, ma est modus in rebus).

Lorenzo Sandiford

Ps: pubblico questa concitata nota all'oscuro degli ultimi fatti, magari la minaccia è già rientrata oppure alcuni sono già stati preventivamente epurati :-))

(scritto il 23 aprile 2013)

no al pluto-populismo renziano al Governo con questo statuto

Se malauguratamente verrà dato l'incarico di fare il governo a Matteo Renzi, senza adeguati correttivi nello statuto del Partito democratico, il Pd non potrà che sfasciarsi o quanto meno vedere sparire l'intera area di sinistra tradizionale e pure quella innovativa anti casta per davvero (non la finzione di Renzi, che si lamenta della Finocchiaro e fa di peggio ma soprattutto è appoggiato da poteri fortissimi delle elites italiane e internazionali: pochi minuti fa il tg di Sky ha pompato Renzi a palla annunciando anche un sondaggio a lui dedicato).
Ritornerò sulle modifiche necessarie per tentare di far sì che il Pd possa resistere per qualche anno senza sfasciarsi al passeggero ciclone pluto-populista di Renzi. Al di là di ciò, io sono contrario a un governissimo di politici del Pd e del Pdl mescolati insieme e che duri qualche anno.
Per me le soluzioni sono due: a) governo di larghe intese di scopo che duri giusto il tempo di fare la legge elettorale sostenendo l'economia; b) governo tecnico che duri anche un po' di più per aggiustare l'economia e fare la riforma elettorale secondo le indicazioni dei partiti. Nel primo caso posso veder bene anche Amato, se accetta il semipresidenzialismo. Nel secondo caso vorrei Passera.

Lorenzo Sandiford

(scritto su Facebook il 23 aprile 2013)

il Napolitano I è stato grandissimo, ma il Napolitano II è un errore

Ho molto apprezzato l'operato di Napolitano da presidente della repubblica in un settennato così tremendo. Lo considero forse il miglior presidente da quando seguo la politica. Anche meglio di Ciampi, perché si è trovato in una situazione più difficile.
Ma vedere un Napolitano bis (a 88 anni) e magari un Amato tris alla presidenza del consiglio (a 75 anni) mi genera un profondo senso di sconforto: ma come pensate che ci giudichino all'estero nonostante il rispetto per queste due anziane figure di politici?
Penseranno: ma in Italia che classe dirigente hanno? sono ridotti così male, completamente privi di personalità di ricambio? Questo parlamento l'ha combinata grossa e non si salva nessuno.

Lorenzo Sandiford

(scritto il 21 aprile su Facebook)

senza titolo

Un partito, per poter governare con molte divisioni interne, deve saper governare le divisioni interne.

Non è così difficile. Ma è necessario non cercare di nasconderle, prima di tutto a se stessi.

Lorenzo Sandiford

(scritto il 20 aprile su Facebook)

martedì 26 marzo 2013

l'editoriale di Travaglio, l'attuale farsa e il governo del presidente

In realtà l'editoriale di Marco Travaglio sul Fatto quotidiano di oggi descrive bene la situazione politica attuale dietro il velo dissimulante del gioco delle parti, quella farsa per cui tutti in questo momento non dicono ciò che vorrebbero davvero.
Da prendere in considerazione anche la proposta che lancia a fine articolo di un governissimo del presidente senza i partiti e gradito al movimento di Grillo, tralasciando per un attimo il ruolo di suggeritore politico (che fa tanto Vespa) che così scrivendo Travaglio si è ritagliato per sé. O forse, al contrario, proprio per questo, dato che i consigli strategici di Vespa dalle pagine del Quotidiano nazionale a Berlusconi negli anni scorsi non sono stati certo ignorati dal cavaliere.
Resta il dubbio sull'elenco di cose da fare appena accennate dal giornalista ormai quasi portavoce di Grillo. Alcune sono giuste, ma Bersani le deve prendere alla lettera tutte o può almeno ammorbidire qualche punto e introdurne altri mentre si prepara la legge elettorale per tornare alle elezioni? Che so, almeno mantenere qualche rimborso pubblico per le spese dei partiti?
Ma, detta francamente, al di là di qualche modifica di contenuti rispetto agli otto punti e del veto a Bersani, non vedo tutta questa differenza fra la strategia del Pd e quella di Travaglio. Oltre al fatto, naturalmente, che è quest'ultimo a proporla.
A me farebbe ridere comunque, se non ci fosse il reale rischio di prossimi pianti greci in Italia, la dimensione farsesca della situazione per come la interpreto io. Io che, pur posizionandomi nel Pd per molte questioni al confine con il M5S (ma non per il modo di ragionare demagogico e semplicistico di Grillo), all'ultima assemblea del Pd fiorentino, di fronte alla domanda con alternativa secca di D'Alimonte se preferissimo andare alle elezioni a giugno oppure un governo del presidente di qualche mese in più (appoggiato anche dal Pdl) per elaborare una nuova legge elettorale e sostenere nel frattempo l'economia (che non significa di per sé imbarcarsi in salvataggi del cavaliere o in inciuci sul presidente della Repubblica, di fronte ai quali farei saltare l'ipotesi), scelsi insieme a pochi gatti (non mi sembra che tutti i renziani fossero d'accordo con me) il governo del presidente come male minore.
Ebbene, la farsa a me pare questa. Bersani vorrebbe in cuor suo un governissimo col Pdl (senza cavaliere, cioè in pratica una prosecuzione del governo Monti corretta a favore dei meno abbienti e delle politiche keynesiane) che duri giusto il tempo di preparare una nuova legge elettorale, ma non può dirlo perché la base e i media di centrosinistra (in primis Repubblica) non vogliono. Renzi vorrebbe andare a nuove elezioni subito in modo da presentarsi come candidato del centrosinistra al posto di Bersani, ma preferisce non dirlo per ragioni - credo - di consenso fra gli elettori. Berlusconi vorrebbe il governissimo (sperando nel probabile ma non necessario corollario del presidente della repubblica non nemico) ma dice che vuole le urne per spaventare gli avversari e prepararsi all'ipotesi di elezioni a giugno. E i grillini? Qui bisogna distinguere fra Grillo - Casaleggio e i grillini. I secondi vorrebbero un'alleanza col Pd esattamente come la propone Bersani o un po' modificata secondo le indicazioni di Travaglio, perché sanno benissimo che un'occasione come questa di stare in parlamento per un po' di tempo potrebbe non ricapitare loro mai più (visto anche che Grillo al prossimo giro li vorrà far sostituire da altri eletti via Internet). Grillo invece pensa solo a come massimizzare il consenso del M5S e quindi anche suo personale; ma a questo punto credo che, dopo aver fatto fuori Bersani, seguirà la linea dettata da Travaglio, che tutto sommato è la migliore anche per i suoi fini.
Dunque, se Napolitano sceglie l'uomo giusto per la presidenza del consiglio e l'uomo giusto propone ministri giusti per Grillo, siamo a cavallo (per qualche mese almeno).

Lorenzo Sandiford

domenica 10 marzo 2013

M5S e Grillo visti da un piddino pro ambientalismo e anti casta

Non è che siccome sono in un partito mi faccio indottrinare. Il Fatto quotidiano, pur con tutti gli eccessi e la componente teatrale di Travaglio (che comunque è un talento del giornalismo), è ormai diventato imprescindibile se si vuole capire cosa succede in Italia. In realtà lo è anche Libero, ma diciamo per chi è schierato nel centrosinistra e non ha motivazioni professionali il Fatto deve essere ormai affiancato agli altri giornali principali (per me, a pari merito, Corriere della Sera, Quotidiano Nazionale, Repubblica e Sole 24 Ore, e subito dietro la Stampa).
Basta pensare agli editoriali di Travaglio o Padellaro dal giorno delle elezioni o, per esempio, l'intervista di ieri all'editore di Chiarelettere, Lorenzo Fazio. O l'articolo in cui si dimostra come è stata distorta la frase di Grillo sul pericolo violenza. Tutte prove che è vero che Grillo subirà attacchi deformanti dalla stampa italiana espressione di certe realtà economiche.
Insomma, diversamente da quanto da me sostenuto in un primo momento, ci sono altri due aspetti positivi nel movimento di Grillo, accanto all'ambientalismo che ho già citato qui tempo fa. E sono la lotta anti-caste e l'attacco a certi poteri forti dell'economia italiana con la parallela attenzione per le piccole partite Iva. Ma è vero che in realtà questi tre aspetti fanno tutt'uno.
Il problema grosso, però, al di là dell'insufficiente competenza politico-economica di Grillo e del suo braccio destro (che non è un particolare secondario, anzi è centrale, tant'è che il programma è pieno di cavolate), è che pur con la giustificazione di difendersi dagli attacchi sleali, il movimento non è organizzato democraticamente all'interno e Grillo è una specie di capo intoccabile. E questo non va bene per nulla, anzi è esiziale per chi come me apprezza in parte (anche se sulle tematiche economiche non tanto, perché pure i poteri forti hanno buone ragioni su certi argomenti) partiti tipo i Piraten (che lottano contro il sistema, ma sono organizzati democraticamente per davvero, senza ducetti e leaderini; almeno per quel pochissimo che ne so).
Il problema della scarsa democrazia interna c'è anche nel mio partito, il Pd, che pure è quello messo meno peggio da questo punto di vista. E io, nel mio piccolo e nel poco tempo a disposizione, lotto inutilmente per cercare di aumentarla anche nel Pd. Ma per i grillini è un problema enorme. E non basteranno dei pur interessanti esperimenti di democrazia partecipata sul territorio o nei quartieri (supponendo che siano realizzati bene) a cancellare l'irrisolta questione del rapporto tra il movimento e il leader Grillo, della mancanza di democrazia interna nella catena di comando.
Dunque il problema principale del M5S è Grillo, che pure ne ha favorito l'ascesa.
Le persone che ne fanno parte, se si esclude una componente un po' destrorsa e l'accettazione dell'autorità di Grillo e Casaleggio, non mi sembrano così male: non saranno espertissimi di politica ma molti sono laureati in materie scientifiche o tecnici o avvocati quindi un po' di gnegnero per impadronirsi con relativa velocità delle regole parlamentari ce l'hanno e non sembrano, nel complesso, i classici figli di papà o di ditta che pure sono presenti nelle liste dei partiti "seri" a cominciare dal mio. In gran parte mi sembrano i tipici ambientalisti, gente che quindi mi è vicina.
Ora, io non credo nella strategia degli 8 punti di Bersani (se non come modo di salvare il salvabile e aprirsi una via di uscita decente), anche se ovviamente, se riuscisse negli intenti dichiarati, sarei contento e gli farei i complimenti. Soprattutto non credo nelle chance di Bersani per come si è comportato in passato con gli ambientalisti di Idv e di Grillo e per la suicida strategia delle alleanze congegnata da lui e dalla dirigenza del Pd.
Ma se Grillo fa tanto di esagerare nel comportamento dittatoriale verso gli eletti e nello sparare fesserie politiche, il rischio di ammutinamento c'è, perché oltre all'acquolina in bocca per l'oltre mezzo milione di euro che si potrebbe guadagnare (senza i vincoli imposti da Grillo) in cinque anni in Parlamento, ci sarebbero anche giustificazioni ideali, senza dimenticare quelle economiche relative al salvataggio dell'Italia in crisi.

Lorenzo Sandiford
(ps: non ho ancora letto i giornali del 10.3.2013)