giovedì 16 luglio 2009

Il non caso Grillo e il sacrosanto rifiuto

Siamo sempre a parlar male della nostra "meravigliosa creatura", il Pd. Io per primo. E al contrario di molti questo criticame non mi crea nessuna agitazione. Anzi mi sta bene perché significa che siamo un partito pluralista. Non un gruppo di seguaci del leader come gli iscritti al Pdl, dove nessuno, tranne Fini, si azzarda a criticare Berlusconi.
Ma quando il Pd finalmente fa qualcosa di buono, bisogna pur dirlo. Il rifiuto all'iscrizione di Beppe Grillo è sacrosanto. Secondo quanto riportato dall'Espresso, la Commissione nazionale di garanzia del Pd ha motivato tale rifiuto sostenendo che Grillo "ispira e si riconosce in un movimento politico ostile al Pd". Perfetto: non mi sembra che ci sia altro da aggiungere. Se tu hai appoggiato poco fa delle liste elettorali concorrenti e ne hai dette (solo) di cotte e di crude sul Pd, non ti puoi iscrivere al partito.
Al limite, se proprio vogliamo essere super pignoli, si sarebbe potuto usare un'espressione più rilassata al posto di "ostile". Magari la parola "alternativo" poteva bastare. Ma, al di là di queste sfumature, la sostanza è ineccepibile. Se uno che ha militato in altri partiti o movimenti alternativi al Pd cambia idea e si vuole iscrivere, a mio parere, lo può fare, ma solo dopo che è passato un po' di tempo (diciamo un annetto): una giusta pausa di riflessione e di chiarimento delle proprie idee politiche.
Non so se nelle regole costitutive del Pd esista una tale norma e se ci sia bisogno di scriverla, comunque è logico e naturale seguirla.
Chi teme che una simile scelta possa dare un'immagine negativa e di chiusura del Pd mi sembra che o non abbia le idee chiare o sia alla ricerca di troppo facile (e probabilmente inefficace) visibilità o stia semplicemente facendo il suo lavoro di avversario politico del Pd.

Lorenzo Sandiford

mercoledì 15 luglio 2009

Altro che Obama e innovazioni!

Mi dispiace un po' iniziare a postare lamentandomi (non è vero, mi è del tutto congeniale) ma non posso dire di essere entusiasta dei tre candidati.
Tutti degnissimi uomini, per carità, ma dove sta quel tocco di carisma obamiano che non guasterebbe? E anche senza pretendere tanto, che poi ad onor del vero il carisma non è indispensabile per noi di centrosinistra, dove sta l'innovazione?
A questo proposito, mi limito a dire che in tutti e tre i maggiori schieramenti congressuali avrei da proporre candidati più innovativi ed efficaci come antidoti al centrodestra.
Butto giù i nomi senza ritegno: Rita Lorenzetti, Massimo Cacciari, Giuseppe Civati.

Lorenzo Sandiford

Come ci sono arrivato

Mi sono iscritto al Pd solo qualche mese fa. Ma ho partecipato a tutte le primarie organizzate negli ultimi anni nell'ambito del centrosinistra in Toscana, fra cui in particolare quelle che hanno segnato la nascita del Partito Democratico con l'investitura di Veltroni. Nelle quali ci venne rilasciata la tessera con la scritta "Fondatore del Partito Democratico", a cui alludo nel sottotitolo di questo blog.
Sono approdato su questi lidi dopo aver girovagato a lungo nel centrosinistra. Ho votato di tutto: i radicali, psi, i verdi, pds, ds, idv e una volta persino pci, e non è da escludere che dimentichi qualcosa.
Come mai questo nomadismo? Perché non avendo mai trovato un partito in cui potermi rispecchiare completamente come idee e programmi, per me il voto è sempre stato il frutto di un calcolo piuttosto complesso: votavo la parte che secondo me, nel contesto politico del momento, avrebbe contribuito a far sì che si realizzassero il programma e i provvedimenti di cui l'Italia aveva più bisogno. E questo calcolo ha portato di volta in volta a scelte (partiti) diversi.
Adesso mi sono convinto che con questo modo di votare non ho dato molti contributi positivi all'Italia e anzi ho contribuito all'esistenza di partiti che hanno soprattutto frammentato lo scenario politico italiano. Credo che l'unico modo per incidere un po' nella vita del mio Paese sia entrare in uno di quei grandi partiti, naturalmente quello del centrosinistra a cui appartengo da sempre sul piano ideologico, dove vengono prese effettivamente le decisioni che contano.
Tutto ciò presuppone una cosa: che il Pd sia internamente democratico davvero. Con procedure che garantiscano periodicamente il ricambio dei dirigenti e dei rappresentanti nelle istituzioni deciso dalla base, non dall'alto per cooptazione e corrispondente servilismo. Un partito aperto a una pluralità di voci e istanze, non unanimista e "centralista", ma che sappia poi arrivare a una sintesi decisionale efficace.
Mi sembra che il Pd abbia intrapreso questa strada, sia pure con qualche incertezza e titubanza. Per questo ho finalmente deciso di iscrivermi, dopo aver tentennato per diversi mesi ed essere stato "tentato" da altre sirene. Decisive sono state le primarie di Firenze: se le avessero impedite, non mi sarei iscritto al partito. Adesso che ci sono entrato accetterò le regole del gioco e le decisioni delle maggioranze (uso il plurale di proposito) sulle varie questioni all'ordine del giorno, ma senza rinunciare alle mie opinioni e alle critiche quando necessarie.
Qualora gli spazi interni di democrazia e il pluralismo di voci venissero meno definitivamente non potrei far altro che dire a tutti bye bye.

Lorenzo Sandiford