martedì 26 marzo 2013

l'editoriale di Travaglio, l'attuale farsa e il governo del presidente

In realtà l'editoriale di Marco Travaglio sul Fatto quotidiano di oggi descrive bene la situazione politica attuale dietro il velo dissimulante del gioco delle parti, quella farsa per cui tutti in questo momento non dicono ciò che vorrebbero davvero.
Da prendere in considerazione anche la proposta che lancia a fine articolo di un governissimo del presidente senza i partiti e gradito al movimento di Grillo, tralasciando per un attimo il ruolo di suggeritore politico (che fa tanto Vespa) che così scrivendo Travaglio si è ritagliato per sé. O forse, al contrario, proprio per questo, dato che i consigli strategici di Vespa dalle pagine del Quotidiano nazionale a Berlusconi negli anni scorsi non sono stati certo ignorati dal cavaliere.
Resta il dubbio sull'elenco di cose da fare appena accennate dal giornalista ormai quasi portavoce di Grillo. Alcune sono giuste, ma Bersani le deve prendere alla lettera tutte o può almeno ammorbidire qualche punto e introdurne altri mentre si prepara la legge elettorale per tornare alle elezioni? Che so, almeno mantenere qualche rimborso pubblico per le spese dei partiti?
Ma, detta francamente, al di là di qualche modifica di contenuti rispetto agli otto punti e del veto a Bersani, non vedo tutta questa differenza fra la strategia del Pd e quella di Travaglio. Oltre al fatto, naturalmente, che è quest'ultimo a proporla.
A me farebbe ridere comunque, se non ci fosse il reale rischio di prossimi pianti greci in Italia, la dimensione farsesca della situazione per come la interpreto io. Io che, pur posizionandomi nel Pd per molte questioni al confine con il M5S (ma non per il modo di ragionare demagogico e semplicistico di Grillo), all'ultima assemblea del Pd fiorentino, di fronte alla domanda con alternativa secca di D'Alimonte se preferissimo andare alle elezioni a giugno oppure un governo del presidente di qualche mese in più (appoggiato anche dal Pdl) per elaborare una nuova legge elettorale e sostenere nel frattempo l'economia (che non significa di per sé imbarcarsi in salvataggi del cavaliere o in inciuci sul presidente della Repubblica, di fronte ai quali farei saltare l'ipotesi), scelsi insieme a pochi gatti (non mi sembra che tutti i renziani fossero d'accordo con me) il governo del presidente come male minore.
Ebbene, la farsa a me pare questa. Bersani vorrebbe in cuor suo un governissimo col Pdl (senza cavaliere, cioè in pratica una prosecuzione del governo Monti corretta a favore dei meno abbienti e delle politiche keynesiane) che duri giusto il tempo di preparare una nuova legge elettorale, ma non può dirlo perché la base e i media di centrosinistra (in primis Repubblica) non vogliono. Renzi vorrebbe andare a nuove elezioni subito in modo da presentarsi come candidato del centrosinistra al posto di Bersani, ma preferisce non dirlo per ragioni - credo - di consenso fra gli elettori. Berlusconi vorrebbe il governissimo (sperando nel probabile ma non necessario corollario del presidente della repubblica non nemico) ma dice che vuole le urne per spaventare gli avversari e prepararsi all'ipotesi di elezioni a giugno. E i grillini? Qui bisogna distinguere fra Grillo - Casaleggio e i grillini. I secondi vorrebbero un'alleanza col Pd esattamente come la propone Bersani o un po' modificata secondo le indicazioni di Travaglio, perché sanno benissimo che un'occasione come questa di stare in parlamento per un po' di tempo potrebbe non ricapitare loro mai più (visto anche che Grillo al prossimo giro li vorrà far sostituire da altri eletti via Internet). Grillo invece pensa solo a come massimizzare il consenso del M5S e quindi anche suo personale; ma a questo punto credo che, dopo aver fatto fuori Bersani, seguirà la linea dettata da Travaglio, che tutto sommato è la migliore anche per i suoi fini.
Dunque, se Napolitano sceglie l'uomo giusto per la presidenza del consiglio e l'uomo giusto propone ministri giusti per Grillo, siamo a cavallo (per qualche mese almeno).

Lorenzo Sandiford

domenica 10 marzo 2013

M5S e Grillo visti da un piddino pro ambientalismo e anti casta

Non è che siccome sono in un partito mi faccio indottrinare. Il Fatto quotidiano, pur con tutti gli eccessi e la componente teatrale di Travaglio (che comunque è un talento del giornalismo), è ormai diventato imprescindibile se si vuole capire cosa succede in Italia. In realtà lo è anche Libero, ma diciamo per chi è schierato nel centrosinistra e non ha motivazioni professionali il Fatto deve essere ormai affiancato agli altri giornali principali (per me, a pari merito, Corriere della Sera, Quotidiano Nazionale, Repubblica e Sole 24 Ore, e subito dietro la Stampa).
Basta pensare agli editoriali di Travaglio o Padellaro dal giorno delle elezioni o, per esempio, l'intervista di ieri all'editore di Chiarelettere, Lorenzo Fazio. O l'articolo in cui si dimostra come è stata distorta la frase di Grillo sul pericolo violenza. Tutte prove che è vero che Grillo subirà attacchi deformanti dalla stampa italiana espressione di certe realtà economiche.
Insomma, diversamente da quanto da me sostenuto in un primo momento, ci sono altri due aspetti positivi nel movimento di Grillo, accanto all'ambientalismo che ho già citato qui tempo fa. E sono la lotta anti-caste e l'attacco a certi poteri forti dell'economia italiana con la parallela attenzione per le piccole partite Iva. Ma è vero che in realtà questi tre aspetti fanno tutt'uno.
Il problema grosso, però, al di là dell'insufficiente competenza politico-economica di Grillo e del suo braccio destro (che non è un particolare secondario, anzi è centrale, tant'è che il programma è pieno di cavolate), è che pur con la giustificazione di difendersi dagli attacchi sleali, il movimento non è organizzato democraticamente all'interno e Grillo è una specie di capo intoccabile. E questo non va bene per nulla, anzi è esiziale per chi come me apprezza in parte (anche se sulle tematiche economiche non tanto, perché pure i poteri forti hanno buone ragioni su certi argomenti) partiti tipo i Piraten (che lottano contro il sistema, ma sono organizzati democraticamente per davvero, senza ducetti e leaderini; almeno per quel pochissimo che ne so).
Il problema della scarsa democrazia interna c'è anche nel mio partito, il Pd, che pure è quello messo meno peggio da questo punto di vista. E io, nel mio piccolo e nel poco tempo a disposizione, lotto inutilmente per cercare di aumentarla anche nel Pd. Ma per i grillini è un problema enorme. E non basteranno dei pur interessanti esperimenti di democrazia partecipata sul territorio o nei quartieri (supponendo che siano realizzati bene) a cancellare l'irrisolta questione del rapporto tra il movimento e il leader Grillo, della mancanza di democrazia interna nella catena di comando.
Dunque il problema principale del M5S è Grillo, che pure ne ha favorito l'ascesa.
Le persone che ne fanno parte, se si esclude una componente un po' destrorsa e l'accettazione dell'autorità di Grillo e Casaleggio, non mi sembrano così male: non saranno espertissimi di politica ma molti sono laureati in materie scientifiche o tecnici o avvocati quindi un po' di gnegnero per impadronirsi con relativa velocità delle regole parlamentari ce l'hanno e non sembrano, nel complesso, i classici figli di papà o di ditta che pure sono presenti nelle liste dei partiti "seri" a cominciare dal mio. In gran parte mi sembrano i tipici ambientalisti, gente che quindi mi è vicina.
Ora, io non credo nella strategia degli 8 punti di Bersani (se non come modo di salvare il salvabile e aprirsi una via di uscita decente), anche se ovviamente, se riuscisse negli intenti dichiarati, sarei contento e gli farei i complimenti. Soprattutto non credo nelle chance di Bersani per come si è comportato in passato con gli ambientalisti di Idv e di Grillo e per la suicida strategia delle alleanze congegnata da lui e dalla dirigenza del Pd.
Ma se Grillo fa tanto di esagerare nel comportamento dittatoriale verso gli eletti e nello sparare fesserie politiche, il rischio di ammutinamento c'è, perché oltre all'acquolina in bocca per l'oltre mezzo milione di euro che si potrebbe guadagnare (senza i vincoli imposti da Grillo) in cinque anni in Parlamento, ci sarebbero anche giustificazioni ideali, senza dimenticare quelle economiche relative al salvataggio dell'Italia in crisi.

Lorenzo Sandiford
(ps: non ho ancora letto i giornali del 10.3.2013)