venerdì 26 febbraio 2010

per un ambientalismo gradualista e una democrazia interna temperata

Che spazio ci sarà, all'interno del Pd, per un ambientalismo gradualista e una democrazia interna temperata? E chi saranno gli esponenti del partito con cui interloquire per chi, come il sottoscritto, terrà in debito (ma non esclusivo) conto tali parole d'ordine?
A livello nazionale non l'ho ancora capito. Marino prometteva bene, ma dai suoi seguaci toscani non mi sembrano arrivare messaggi del tutto coerenti con le affermazioni di principio del leader. Rutelli non c'è più. Realacci non mi convince sul fronte della difesa della bellezza del paesaggio (vedi ad esempio le insufficienti limitazioni all'uso delle pale eoliche) e perché troppo morbido con le altre anime del Pd. Insomma, io semplice iscritto, nel Pd centrale vedo un buio pesto.
Non diversamente vanno le cose qui in Toscana. Rimanderò esempi e temi polemici a dopo le elezioni regionali, anche perché il centrodestra è peggio ancora su entrambe le tematiche. Mi limito per ora ad osservare che l'interlocutore più credibile nel Pd locale sotto questo doppio profilo è il sindaco di Firenze, Matteo Renzi.
La sua posizione sulla pedonalizzazione di piazza Duomo e soprattutto sul piano strutturale, con l'annuncio di zero aumenti dei volumi edificabili, rappresentano quanto di meglio ci si potesse aspettare sul fronte ambientale in città, in un partito decisamente influenzato dai costruttori. E Renzi dovrà lottare strenuamente per portare a casa i suoi obiettivi senza essere schiacciato dal Pd locale. Ma almeno ci sta provando.
Sul capitolo democrazia interna non si è ancora pronunciato puntualmente, salvo confermare il principio-slogan del "Pdpd" (Partito democratico per davvero), che sottoscrivo ma è ovviamente insufficiente. Anche se, dalla sua, c'è il fatto di essersi battuto alle primarie fiorentine contro quella parte del partito che voleva inizialmente evitarle.
Vedremo.

Intanto, in attesa di altri leader nazionali interessati a questi temi, mi limito a delineare in poche parole perché ho aggiunto "gradualista" ad ambientalismo e "temperata" a democrazia interna. Dal momento che in effetti avrei potuto accontentarmi di "ambientalismo" e "democrazia interna": ideali che mi appartengono da diversi anni.
Il motivo è duplice. Da una parte quelle espressioni descrivono meglio la mia posizione effettiva. Visto che di ambientalismi possibili, fra apocalittici per il ritorno allo stato di natura rousseauiano ed integrati pro cure infrastrutturali d'ogni sorta, ce ne sono diversi. Dall'altra c'è una ragione di tipo tattico: in un partito come il Pd di oggi parlare di ambientalismo e di democrazia interna sic et simpliciter significa scatenare il riflesso condizionato di tanti esponenti di vertice. Che al solo sentire tali parole si immaginano chissà quali posizioni di ecologismo retrogrado e di democrazia assembleare anarcoide.

E invece per me "ambientalismo gradualista", sulla falsariga del mio "riformismo gradualista", equivale semplicemente ad un ambientalismo che non vuole strafare, che non procede a scatti ma pianificando, che punta solo (o almeno prima di tutto) alle costruzioni che servono davvero, che introduce nuove forme di produzione energetica con un occhio di estremo riguardo per la bellezza del paesaggio italiano (scegliendo per esempio accuratamente dove si possono posizionare le pale eoliche e i rigassificatori), che lotta prima contro l'uso dell'auto per andare a lavoro (e per la riconversione verso modelli ecologici) che contro il possesso da parte anche dei meno abbienti di questo strumento di libertà per il tempo libero attraverso il nostro splendido territorio.
Altrettanto semplice è il senso che do all'etichetta "democrazia interna temperata". E' una visione del partito anti-verticistica in cui tutti possono emergere e non solo quelli decisi dall'alto quasi fossimo in un esercito (come è stato finora anche nell'impostazione veltroniana, in questo senso ancorata al passato).
Un partito dunque con democrazia interna reale, che non vuol dire rinunciare a una cabina di comando, ma permettere che ad essa, tramite appropriati meccanismi di formazione delle assemblee e degli organi di partito, possano accedere anche (almeno in certa percentuale) degli outsider non cooptati dai vertici.

Sarò il solo a pensarla in questo modo?
Non lo so, ma il mio consenso nel Pd se lo guadagnerà chi si muoverà meglio nelle due direzioni sopra descritte: ambientalismo gradualista e democrazia interna temperata.

Lorenzo Sandiford