martedì 7 settembre 2010

querelle Civati-Renzi vs. Bersani-Rossi: con chi mi schiererò

Ceteris paribus, fra Civati-Renzi e Bersani-Rossi, al momento opportuno, mi schiererò con chi mi offre una ricetta più sostanziosa e credibile sul piatto della democrazia interna.
L'ho già scritto anche su questo poco usato blog e lo ripeto: la considero una questione fondamentale per il centrosinistra italiano.
Anzi, proprio per questo, la specificazione "a parità di altre condizioni" è fin troppo prudenziale. Potrei sacrificare sull'altare di tale passaggio democratico interno anche qualche pezzetto di programma, che so, un po' di ambientalismo o di libertarismo o di gradualismo riformatore o di proporzionalità fiscale o di promozione del merito.
Naturalmente, senza esagerare. Se, faccio un esempio paradossale, Pierluigi Bersani ed Enrico Rossi mi garantissero più democrazia interna, ma progettassero di trasformare la Toscana in un'unica grande area metropolitana senza campagne, cementificando tutta la Maremma e la Val d'Orcia, ovviamente sarei costretto ad accantonare per un po' la battaglia per la democrazia interna e schierarmi con gli altri. Oppure, se Giuseppe Civati e Matteo Renzi mi offrissero proposte di modifiche statutarie più convincenti per aprire le porte agli iscritti non cooptati, ma il secondo dei due mi volesse scavare sotto il centro storico di Firenze per farci passare una metropolitana, allora per forza di cose dovrei stare con i suoi oppositori.

Chiarito questo, con chi finirò per schierarmi? Se proprio fossi obbligato a scommettere, punterei sulla coppia Civati-Renzi.
Non tanto perché è Renzi ad aver coniato (o per lo meno divulgato) il termine Pdpd (Partito democratico per davvero). Finora, infatti, allo slogan non è seguita nessuna elaborazione di regole statutarie ad hoc e nemmeno di analisi sulla forma partito a cui si punta.
E nemmeno perché in non pochi commentatori della politica italiana, fra cui ultimamente sul Venerdì di Repubblica un Curzio Maltese in gran forma, a cui aggiungo pure me stesso, si sia fatta strada l'impressione che i bersaniani mirino a ricostruire un novello Pci, o se vogliamo essere meno critici, una riedizione dei Ds. Poiché, tutto sommato, quello che importa non sono le ipotetiche intenzioni di una corrente, ma gli atti del partito e del suo leader, che per ora non hanno fatto accelerazioni in quella direzione.
Quanto piuttosto perché negli ultimi mesi al comando del Pd sono state le truppe di Bersani e di democrazia interna come la intendo io, ad esempio introducendo anche parzialmente il meccanismo delle preferenze nelle liste di appoggio alle varie candidature e mozioni per entrare negli organi assembleari del partito, si è continuato a non vederne traccia come ai tempi di Veltroni, nonostante il tanto parlare di partito solido e ruolo degli iscritti e compagnia bella.

Ma non è una scommessa facile, perché certe scelte di uomini da parte di Renzi non mi convincono proprio. A cominciare dall'ultima, se vera, attribuitagli oggi dal Corriere Fiorentino: quella di un giovane di 26 anni come candidato alla segreteria del Pd, non si capisce se metropolitana o comunale. Il machiavellismo, per me, deve avere dei limiti.
Da non trascurare poi l'eventualità, assai probabile, che nessuno dei due schieramenti offra nulla di concreto sul piatto della democrazia interna.
A quel punto, il mio prendere posizione per l'uno o per l'altro di essi dipenderà dalle "altre condizioni", vale a dire dai contenuti programmatici.
Ma confesso che il mio entusiasmo di iscritto si affievolirebbe molto e comincerei a riflettere sul fatto che forse la mia scelta iniziale, spiegata nel primo post di questo blog, di iscrivermi al Pd sia stata frutto di una speranza con sempre minori chance di realizzarsi, anche in un futuro lontano.
In ogni caso, finché non nasceranno partiti di centrosinistra più avanzati sul piano della democrazia interna reale, non ci sarà il "pericolo" di un mio cambio di partito. Al limite, potrei segnalare la mia insoddisfazione evitando il prossimo anno di rifare la tessera. Argomento, quello del tesseramento, che d'altra parte non sembra interessare molto all'attuale dirigenza del Pd, almeno a livello locale, che anzi sembra evitare campagne di allargamento degli iscritti pur di schivare il rischio (ma sarebbe meglio chiamarla ossessione) di tesserati non desiderati o fuori dai giri dei "nostri", come direbbe Bersani senza specificare a chi alluda con quel noi.
Questa situazione è un peccato perché la democrazia interna reale, combinata con alcune giuste indicazioni di Renzi su come replicare a Berlusconi e di Federico Gelli sul tema della legalità oppure di Rossi sull'imparzialità delle amministrazioni pubbliche e sulla giustizia sociale, potrebbe far recuperare al Pd un bel po' di voti finiti nell'astensionismo, ai grillini o all'Idv.

Lorenzo Sandiford

Nessun commento: